
A proposito dell’incredibile successo che pochi giorni fa la sparata della pornostar Valentina Nappi ha riscosso presso hipster, radical chic, e onanisti felici dello sdoganamento del porno, sarebbe opportuno richiamare l’attenzione su alcuni dati che sembrano sfuggire ai più.
Il testo (al netto delle omissioni che abbiamo operato per amor di brevità ma reperibile nella sua interezza sul profilo instagram della performer) recita quanto segue:
“Sono stata ‘stuprata’ da Salvini. Sono stata ‘stuprata’ da Salvini perché al di là di aspetti anche condivisibili (che pure ci sono) delle sue scelte concrete, e al di là del fatto che molte responsabilità non sono solo sue, Salvini ha riabilitato la peggiore cultura identitaria nazionalista, quella rappresentata dalla triade Dio-Patria-Famiglia. […] Non so voi, ma questa io la chiamo cultura di sapore fascista. […] La questione dell’immigrazione, al di là dei complessi aspetti pratici su cui non intendo dilungarmi (la mia opinione è che una gestione razionale dei flussi migratori è — e soprattutto sarà — necessaria), è una questione culturale. Io non voglio vivere in un paese con una cultura ufficiale unica, cattolica di destra, nazional popolare. Io voglio vivere in un paese ateo, multietnico, con un’identità culturale che affondi le proprie radici nell’Illuminismo e nel marxismo più illuminato, e che sviluppi queste ultime all’altezza della modernità contemporanea. Il linguaggio grezzo, i modi spicci e i toni al limite del violento, invece, ci riportano a una cultura tribale che produce una violenza contro il diverso (come abbiamo potuto vedere) simile a quella che si dà in molte specie di primati non umani. Rispetto a tutto ciò, il genocidio è qualcosa di differente solo per grado. “
1. “Siamo pornostar, oltre alle gambe c’è di più”
Da qualche tempo non sono poche (si vedano Sasha Grey, Belladonna, Rocco Siffredi, o Katsumi) le pornostar che hanno cercato di mettere becco (non scriviamo “lingua” per non essere fraintesi!) su questioni politiche o artistiche presentandosi come eroine di una sorta di ribellione culturale che parte da chi “parla come mangia ma sa leggere” (e hanno i loro precedenti in Moana Pozzi e Cicciolina).
Ma ancora di piùo sono gli ingenui che, invece di liquidare le uscite di questi personaggi come folklore nato dalla libertà di espressione, le prendono sul serio, come perle di un pensiero nuovo e anticonformista, ribelle, vicino al popolo. L’estimatore si esalta e radicalizza la sua devozione, per non parlare dei Costanzo di turno che non aspettano altro che ospitare in trasmissione personaggi capaci di muovere lo share scandalizzando o dicendo cose originali.
Ma siamo sicuri che questa ribellione, questa millantata vicinanza al popolo ci sia?
Prendiamo il citato testo di Valentina Nappi, orgoglio d’Italia.
Si apre con un titolo ad effetto che cita il politico più nominato del momento associandolo ad uno degli atti più esecrabili del catalogo penale e che solo cliccando sul link scopriremo essere inteso in senso figurato. Chiunque abbia un minimo di esperienza non tanto di comunicazione online, quanto di semplice fruizione di articoli in rete sa bene che questa è una banalissima tecnica che, facendo leva su curiosità e scalpore, aumenta i click (che si traducono in sponsor). Questo è il motivo per cui il giornalismo online si nutre anche (e soprattutto) di bufale e si esprime ormai attraverso titoli ambigui. Ma questa, lo sottolineiamo, è solo un’osservazione sulla comunicazione in generale. In fondo qui la stella del porno si limita a tener fede ad una passi senza la quale online non si verrebbe notati.
Ciò che davvero sorprende della frase è questo “sentirsi stuprata”. Sorprende perché si ravvede l’arroganza di un individuo che intende presentarsi come rappresentante dell’Italia intera. Forse che l’essere una pornodiva italiana di respiro internazionale la faccia sentire come una ambasciatrice?
Una sorta di d’Annunzio in gonnella?
Nell’alcova come a Fiume (ma davanti alle telecamere)?

Non sappiamo quale spirito la animi. Quello che è certo è che simili identificazioni se le sono permesse poche personalità. Personalità aventi nel proprio passato ben altri meriti che non l’essere uscite indenni da un’ammucchiata (pardon, gangbang) con un piccolo esercito di superdotati.
Ciò che sappiamo è che la Nappi da qualche tempo, esulando dalla sua professione, sta cercando di fare fare l’influencer condividendo il suo pensiero, che lei considera evidentemente lucido (a destra un esempio di lucidità Nappiana), sensato, e degno di essere condiviso, attraverso i social. Non sono poche le sue uscite a contenuto “politico” e non di rado si è lanciata in analisi più o meno approfondite a volte, lo ammettiamo, secondo prospettive a nostro avviso intelligenti, condivisibili e tutt’altro che scontate (nonostante il piglio provocatorio) come quelle relative alle FEMEN o al caso Weinenstein.
Che ciò sia spontaneo o frutto di una cooptazione, che le parole siano realmente le sue e quelle del suo compagno e non invece di qualche ghostwriter, l’unica cosa di cui non dubitiamo avendone più volte letto le dichiarazioni, che spesso finiscono col rimbalzare da un giornale online all’altro, è che mediamente la signorina si fa portavoce di un nichilismo mascherato da pensiero sinistroide ma fattualmente voce del mondo moderno.
2. Vade retro, Deus (con patria e famiglia)!
Dopo la quasi “dovuta per contratto” consueta spallata al trinomio “Dio-Patria-Famiglia” (una sua firma),che lei attribuisce ai fascisti ma era caro pure, tra gli altri, a Pier Paolo Pasolini o ai cosiddetti cattocomunisti che non erano esattamente pochi in Italia (ma vaglielo a spiegà alla povera Valentina che c’ha letteralmente altri cazzi per la testa!), la pornoattrice si lancia in alcune affermazioni che sembrano dare ragione all’attuale opposizione e all’esercito della stampa ufficiale, ma senza dire assolutamente nulla, limitandosi a dare un colpo al cerchio e un altro alla botte. Su alcune “scelte concrete” (terminologia da consumata politologa!) di Salvini afferma che le trova “pure condivisibili”,ma furbescamente non ci dice quali lo siano e quali no. E ovviamente non può dilungarsi sui “complessi aspetti pratici” della questione migratoria (sentitamente ringraziamo) liquidata in una parentetica che può letteralmente significare qualsiasi cosa. Chiaro: si capisce a grandi linee da che parte penda, ma è evidente l’intento di non sbilanciarsi troppo per non perdere seguito. È abbastanza curioso veder definire “ribelle” o “anticonformista” chi si schiera coi giornali, con la maggioranza nei social, con la generazione precedente e quella più giovane, ma soprattutto con una parte politica che con il superamento del capitalismo ha ben poco a che vedere. Ancora più curioso è quel “non la penso come la Lega, ma…”. A parte liquidare il trinomio “Dio-Patria-Famiglia” (polemica che oggi come oggi va per la maggiore), non ha scritto nulla di esplicito.
Se fosse onesta, la pornoattrice partenopea dovrebbe ammettere di parlare di semplice partecipazione al teatrino della politica, comunque all’interno di uno status quo neoliberista che non ammette nulla al di fuori di sé, e da cui per forza di cose il marxismo da lei citato è espunto. Un orizzonte di cui peraltro la sua stessa professione fa parte e forse ne costituisce la propaggine più estrema.
3. “Una di noi! La Vale è una di noi! Una di nooooiii”
Sorprende il seguito che lei ed altri personaggi dello spettacolo riescono a riscuotere fondandosi solo sul ben predicare muovendo emozioni ma senza dire una parola che sia concreta. E’ come se ormai l’elettorato attivo (attivo per modo di dire), abiurata la propria capacità di giudizio e addestrato dalla pubblicità commerciale a rispondere agli impulsi immediati, si affidasse a dei divi, a loro volta burattini di chi li ha cooptati, per sapere quale croce mettere sulla scheda elettorale.
Ma a ben vedere, fin qui nulla di nuovo o di particolarmente significativo: è un fenomeno assolutamente naturale che, in presenza di politiche populiste, si creino dei populismi di segno opposto polarizzati e radicalizzati al punto da anteporre l’impeto alla sostanza, capaci di incantare grazie a bugie “così grandi da non poter essere ritenute bugie”, come il reddito di cittadinanza, la secessione, il milione di posti di lavoro, l’uscita dall’Euro. Entro un orizzonte simile è chiaro che una pop star, una pornostar o un attore di grido possano più di qualsiasi politico. Perché per il tuo cuore hanno la corsia preferenziale.
E’ dai tempi di d’Annunzio che, con risultati alterni, gli artisti più in vista si sono assunti il ruolo di portavoce dello spirito popolare, si sono accollati un ruolo pedagogico o hanno messo becco in modo più o meno incisivo nella politica. La differenza è che un artista come lo si intendeva prima dell’avvento della comunicazione di massa era qualcosa di radicalmente diverso da ciò che possono essere un rapper o una pornodiva, e generalmente aveva un retroterra culturale che gli permetteva effettivamente di interagire con un politico avendo cognizione di causa.
4. Marx, Engels e… la doppia penetrazione!
Ciò che suscita orrore e offende è leggerla blaterare di “identità culturale che affondi le proprie radici nell’Illuminismo e nel marxismo più illuminato, e che sviluppi queste ultime all’altezza della modernità contemporanea”. Che significa sostanzialmente non rinunciare a nessuna comodità.
L’idea di declinare un qualsiasi pensiero secondo la “modernità contemporanea” significa non voler rinunciare alle comodità attuali e legittimare l’orrore che la civiltà occidentale e sta perpetrando. A partire dallo stupro del pianeta per arrivare al capitalismo elevato a religione dell’utile (causa della mutazione antropologica in atto da tempo) passando per le aberrazioni della politica internazionale, condizionata dagli interessi delle multinazionali.
Tutto questo sta trasformando il pianeta nella terra primitiva abitata dai demoni descritta nel fumetto “Devilman” del mangaka Go Nagai (o una delle sue traduzioni, più o meno fedeli in cartone animato, OAV o serie TV), dove il più forte sopravvive, il debole soccombe e non c’è spazio per pietà od empatia. In questi mesi ne è uscita una versione attualizzata su Netflix di cui ci sentiamo di suggerire la visione perché sulla pietà e sull’empatia incentra la narrazione sottolineando la differenza di vedute dei due protagonisti.

La violenza del mondo moderno, è stata rappresentata molto bene anche dalla band black metal inglese Anaal Natrakh (statt’ buon’ Valentì! Ci sta una “A” in più e non significa quello che pensi!) nell’album “the whole of the law” (reperibile nella sua interezza cliccando su questo link), sia sotto il profilo musicale sia sotto quello lirico/filosofico. Se lo trovate disturbante, inascoltabile, spaventoso, nero come una notte senza stelle e sporco, allora significa che l’obiettivo del duo è stato raggiunto in pieno, perché l’intento è chiaramente quello di annichilire mostrando all’ascoltatore le peggiori brutture di un mondo che non è retto dalle regole e dai valori che i nostri nonni ci avevano insegnato.
Ma soprattutto è nell’artwork di copertina, che viene espressa molto bene la logica del “cane mangia cane” che ha intriso di sé il sistema di valori degli uomini di questo tempo da quando l’uomo ha liquidato Dio (o gli dèi) e sposato l’utilitarrismo.
Sentire la Nappi parlare di Marxismo offende chi ancora non ha abdicato il proprio intelletto. Senza contare che nella prassi, il Marxismo, non si è distinto per risultati migliori dal punto di vista umano rispetto a quelli conseguiti dal cosiddetto “mondo libero”. Indipendentemente da ciò, per molti la parola è sinonimo di dottrina che tende alla giustizia sociale e all’eliminazione degli ostacoli e delle diseguaglianze, soprattutto che ha nel mirino il capitalismo e le condizioni dei lavoratori. Una dottrina che tende, sulla carta, a restituire all’uomo la sua dignità.
Marxismo.
Questa signorina qui.
Una persona che fa parte di una delle industrie più spietate e reificanti del mondo capitalista: quella del porno. Nemmeno le catene di montaggio, né la grande distribuzione arrivano a considerare “oggetto” l’essere umano come fa la pornografia.
Essa dell’uomo fa risorsa, unità consumabile, ne spettacolarizza lo sfruttamento, spesso imponendo profanazioni corporee consistenti sia in atti brutali (cercate informazioni sui possibili infortuni o sui ritmi a cui molti attori sono sottoposti) sia in invasiva chirurgia estetica. E in più modifica la forma mentis dello spettatore passivo imponendogli una morale di segno opposto a quello imposto dal confessore, ma non meno vincolante dal punto di vista psicologico ed emotivo, per non parlare degli standard estetici, che bene o male finiscono col condizionare i gusti generando frustrazione (leggetevi il libro “pornopotere” di Pamela Paul). E soprattutto lanciando un messaggio fuorviante alle menti in formazione.
Non di rado, infatti, è la violenza a essere rappresentata nella pornografia contemporanea, anche da personaggi che la vulgata dà per bonaccioni. Celebri sono ad esempio le scene in cui Rocco Siffredi (da tempo ormai sdoganato presso la TV generalista ed accettato come “uno di noi”), dopo averle prese a ceffoni (e non finti), sodomizza attrici infilando le loro teste dentro a un cesso per poi tirare lo scarico durante l’orgasmo. E questa è solo la punta dell’iceberg. Senza contare poi gli aspetti marginali che quel mondo comporta per alcuni suoi operatori (depressione, suicidi, ecc…) o la violenza presente nelle sue periferie dove l’industria ha contiguità col mondo del crimine.
5. I famosi lord inglesi del porno
Con questo discorso non si vuole condannare la libertà di eccitarsi attraverso la pornografia: in tempi in cui non esistono le “case chiuse”, in cui le cosiddette “navi scuola” rischiano l’accusa di abusatrici di minorenni, l’iniziazione per la maggior parte dei giovani passa attraverso il voyeurismo imposto dall’hard core, e sarebbe da ingenui quando non da ipocriti, asserire il contrario data la sua altissima fruibilità.
Non si vuole neppure stigmatizzare pratiche non convenzionali. Siamo tutti uomini e donne di questo mondo moderno e ne assorbiamo l’essenza nel bene e nel male. Ci limitiamo a rilevare l’incoerenza dei postulati della nostra Valentina, che in chiusura si innalza a paladina del buongusto deliziandoci con un finale pirotecnico: “Il linguaggio grezzo, i modi spicci e i toni al limite del violento, invece, ci riportano a una cultura tribale che produce una violenza contro il diverso (come abbiamo potuto vedere) simile a quella che si dà in molte specie di primati non umani.”
Chiunque abbia anche solo intravisto un film pornografico contemporaneo potrebbe copiare questa frase e usarla come commento, visto il linguaggio grezzo e spesso discriminatorio con toni al limite del violento.
“Succhiamelo, troia”, oppure “dammi il tuo grosso cazzone, negro” sono frasi che potremmo definire standard nelle produzioni attuali. E fra le più moderate. Va però riconosciuta al settore una certa creatività nella produzione di fantasiosi neologismi che stanno contaminando la nostra lingua come “milf”, “gangbang”, “analgasmo” e via così che stanno pian piano contaminando il lessico non soo dei ragazzini ma anche degli ultratrentenni.
E la violenza tribale a noi è parso di scorgerla proprio nelle sculacciate, sberle e strangolamenti, nelle urla da primate non umano, che sono la norma nei prodotti di quel mondo dall’alto del quale l’auto-eletta eroina del popolo ci insegna come sarebbe giusto vivere e comportarsi. Basta qualche titolo che ogni internauta di buona volontà può trovare su Google, poi, per dare un nuovo significato all’espressione dignità umana (in particolare della donna).
In che modo tutto ciò sia compatibile con le sue affermazioni progressiste e il suo piglio rivendicativo e rivoluzionario, questo dovrebbe spiegarcelo la pornostar napoletana, ma forse per il momento la cosa ci aiuta a spiegare alcune misteriose scritte rinvenute di recente passeggiando per le nostre città (a destra)!!!
Valentina Nappi, una persona che PER DENARO si fa sculacciare, sodomizzare, strangolare, inghiotte sperma davanti alle telecamere non è esattamente il testimonial ideale per una campagna di sensibilizzazione verso gli immigrati e i lavoratori, di emancipazione della donna, o di sfida al sistema capitalistico attraverso la sua mitigazione. Non basta formulare certe affermazioni per incarnarle, se poi tiri la carretta nella direzione opposta (e con che alleati a farti forza!).

Il metamessaggio da parte del Potere, per chi non si fa incantare dalla fanciulla che fino all’altra sera ha ispirato il suo autoerotismo è chiaro: “Valentina può dire quel che vuole, ma questo è quel che fa. Siamo più forti noi, i sacerdoti dell’idolo d’oro”. O magari “parla parla di popolo, intanto fatti scopare per denaro”.
Mammona ancora una volta si beffa degli ingenui e mostra loro la lingua.
Sta dicendo che non c’è speranza per noi.
Per questo, cari Nappiani, guardatevi i suoi film, seguitela su Instagram e Twitter, fatevi le vostre fantasie su di lei, ma non fatevi fottere in modo tanto plateale…
…per quello c’è già lei!
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