Chi non muore si rivede

 

Uno degli effetti più vistosi e sotto certi aspetti grotteschi della (qualunquista, forzata, e soprattutto conformistica) secolarizzazione della cultura è il rifiuto di qualsiasi rimando al sacro da parte di soggetti il cui gregario fanatismo li rende capaci di reagire come indemoniati davanti a immagini sacre.
Si tratta di un fenomeno innaturale che non manca di produrre dinamiche decisamente buffe, conseguenze di un’iconoclastia d’accatto percepita quasi come obbligo morale: dal processo all’intenzione (molto spesso, ma non solo, da parte di critici improvvisati il cui unico podio è il web) nei confronti di tutti quegli artisti che nelle proprie opere osano fare timido riferimento a una qualche forma di trascendenza, alle adolescenziali manifestazioni di empietà casereccia come la pratica della bestemmia a guisa di atto di ribellione nei confronti di una stratificazione culturale percepita come opprimente ed invasiva (per quanto incredibile esiste persino una deriva Crowleyana che la teorizza). Dall’esotismo esasperato che guarda a Oriente dimenticando che anche lì si fa riferimento alla trascendenza, ed in termini tutt’altro che ambigui, ad ancora più grotteschi atti di necrofilia religiosa che estumulano antiche forme di paganesimo declinandole in derive wicca, newage e via riesumando, quando non in satanismo (medievale o moderno che sia).
E poi ci sono loro: gli scientisti della domenica. Quelli che non sanno di non poterlo essere per difetto di completezza didattica. Quelli del “la scienza lo confuta” ma hanno in curriculum un paio di esami di fisica all’università, un complementare in Storia delle Religioni, o studiano i mercati internazionali. Portatori, carichi di infondata fierezza, dei vessilli del verbo materialista. Gente che non conosce la differenza tra l’applicazione di un modello matematico finalizzata alla descrizione di un fenomeno e la scienza pura.
Un carnevale dell’assurdo che certifica la non percezione di cosa in una religione sia forma e cosa sostanza, e che spesso dimostra che anche la parola scienza non sia esattamente stata compresa dai più.
In questo periodo dell’anno, col Natale alle porte, non è raro imbattersi, fruendo dei media di massa, in polemiche più o meno campate per aria sulla religione cristiana, sul significato del Natale, sul consumismo insito nella pratica di scambiarsi regali e via discorrendo.
Di solito gli anticlericali da strapazzo colgono l’occasione per piantare un altro chiodo sulla bara della chiesa spesso attraverso voli pindarici tutt’altro che sensati: non esiste alcun nesso tra il dogma cattolico e la tradizione di scambiarsi regali, ma nella lotta contro la chiesa tutto va bene.
Basta la bagarre.
Di recente, saltando da un sito all’altro mi è capitato di imbattermi in un’altra polemica involontariamente comica: prendendo spunto dalle  considerazioni Salviniane (posticce e fasulle come tutte le strumentalizzazioni politiche) sul fatto che il presepe racchiude in sé i valori della nostra cultura europea,  i personaggi coinvolti coglievano l’occasione per mettere alla berlina la tradizione del presepe. Non mancavano considerazioni sulle analogie (secondo loro delegittimanti) tra Cristianesimo e Mithraismo, invettive contro il kitsch delle statuette, attacchi alla Chiesa (???) e rivendicazioni di diritti della comunità lgbt (o qualsiasi altra consonante si sia aggiunta alla sigla) esclusa, a dire di alcuni, dalla Sacra Famiglia (scusateci, riscriveremo i Vangeli).
Ora, da queste parti è sempre spinoso addentrarsi in simili tematiche perché, se una volta si rischiava di essere bruciati dalla Santa Inquisizione, oggi si rischia di essere sottoposti a trattamento sanitario obbligatorio o semplicemente messi alla berlina dalla nuova Inquisizione, quella incompiutamente scientista, la cui milizia senza volto è una opinione pubblica allo sbando spinta da un’editoria delirante. Ma non serve essere dei ferventi cattolici per comprendere la cantonata presa dai denigratori del presepe, dato che la Nostra osservazione muove da prospettive che definiremmo “antropologiche”.
Partiamo dal presupposto che la considerazione di Salvini è, tra tutte quelle che si possono fare, probabilmente la più banale e terra terra. Significa semplicemente dire “ci sono una mamma, un papà, un bambino e tanta gente che lavora. Ah il bambino è Gesù”. Va bene, stai descrivendo ciò che il tuo occhio vede.
Nel presepe è insito un messaggio ben più elementare  retaggio ancestrale dell’uomo in quanto tale, un archetipo di cui lo stesso Cristo è solo una delle possibili rappresentazioni.
Ha ragione chi riconosce nel Cristianesimo residui di culti preesistenti. L’errore che costui commette è vedere nella cosa una sorta di furto o di plagio e non invece un adattamento alle mutate necessità sociali e forme culturali. E’ decisamente più interessante riconoscere come gli archetipi restino gli stessi piuttosto che additare la comunità cristiana di… ( di cosa non l’ho mai capito fino in fondo quando al critica è quella del presunto furto).
Perché come ormai sanno tutti gli intellettuali da Wikipedia, il Natale è un adattamento cristiano della celebrazione del Solstizio d’inverno, un evento cosmico che ha conseguenze tanto sul contesto planetario, quanto sul vissuto personale.
Si tratta (anche se noi lo trasliamo di qualche giorno) del giorno più breve, quando le tenebre ci fanno credere che tutto il mondo sia stato inghiottito da un colosso immane nel cui ventre ci dibattiamo, ma è anche il momento superato il quale il sole ricomincia il suo cammino riappropriandosi del giorno.
Si tratta di un momento di morte apparente, paralisi, a cui segue la nascita del fanciullo (Dio-Sole). Una prospettiva ciclica-circolare, contrapposta alla retta t che sui grafici cartesiani rappresenta il tempo indefinitamente protratto in avanti.
Non serve essere degli allievi di Mircea Eliade per riconoscervi la reiterazione di culti solari antichissimi.
Gli strenui sostenitori del paganesimo dovrebbero gioirne, ma non lo fanno, commettendo l’errore di non accorgersi che a tenere ancora vivi i più antichi simboli dell’uomo, offrendogli una bussola per orientarsi, dicendogli come dovrebbe essere, sono proprio, in queste lande occidentali, le celebrazioni cristiane, non necessariamente legate alle istituzioni di riferimento. Non serve addentrarsi nei boschi armati di candele per celebrare il solstizio. Per carità, puoi farlo perché è bello, energeticamente stimolante e drammaticamente suggestivo, ma col presepe almeno non ti becchi il raffreddore, e soprattutto ti svincoli da un rito che non è dissimile da una messa di mezzanotte!
Cambiano le lenti ma il messaggio resta sempre quello perché l’uomo è sempre quello.
Andando più a fondo possiamo osservare qualcosa di ancora più sorprendente nel presepe, che lo rende una sorta di mandala con cadenza annuale: dopo l’Epifania tutte le statuine tornano in scatola e vengono riprese l’anno dopo. La loro vita è durata meno di un mese e a volte, di anno in anno, si aggiungono ad esse altre compagne a riempire la scena: nuovi pastori, pecore, mugnai, nuovi acquisti fatti dalla famiglia, magari al supermercato, magari presso la bottega di un artigiano, magari durante un Viaggio a Napoli o Matera. Questo ci dice che il Ciclo non ritorna mai allo stesso posto dell’anno prima , ma è sempre un po’ spostato, perché mutate sono le condizioni soggettive in cui il Solstizio ci sorprende.
Quindi occhio, perché ogni istante è prezioso e non ritorna (come insegna il buon Dickens nel “Canto di Natale”).

Il presepe non è mai identico a se stesso.
Un insegnamento interessante che conoscono bene gli artigiani di San Gregorio Armeno, il quartiere di Napoli costellato di botteghe dedicate a quest’arte, i quali ogni anno mettono in scena nuove statuette rappresentanti personaggi della cronaca, da Lady Diana a Michael jackson.
Cristo (o il Sole,o Mithra se proprio ci tieni) rinasce nel tuo mondo. Perché a rinascere sei anche (e soprattutto) tu.
Se Cristo avesse quattro braccia e fosse coloratissimo, se invece degli angeli ci fossero divinità indù, tutta Europa farebbe a gara per fare il presepe più bello.
Ma visto che si tratta solo di simbologia cristiana allora i dormienti dicono “che banalità”, “che retaggio da redneck italiano bigotto e inevoluto” e  non si accorgono dell’insegnamento insito in un altarino realizzato con materiali poveri.
La differenza tra chi è vivo e chi è già da tempo morto.

1 commento

  1. Preludio

    Realizzate in cartapesta o in ceramica, in plastica o intagliato nel legno ( a seconda delle tradizioni regionali), le statuine e l’intero, a volte simpaticamente sgangherato, presepe che le comprende, campeggeranno sempre nelle case di chi vorrà (in barba a tutto) rivivere la magia dell’evento più antico e attuale del mondo, dal significato sempre nuovo e contemporaneamente eterno.
    È un privilegio!

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